Esodo

Mariangela Marra

90,00

Descrizione

Serigrafia a 5 colori dall’installazione Senza Titolo di Mariangela Marra.
Stampata a mano su carta Fedrigoni Old Mill 300 gr.

Edizione di 50 copie numerare e firmate dall’artista.
Dimensione 23 x 100 cm.

La serigrafia è stata realizzata durante la residenza premio in occasione dell’edizione 2015 del “Premio arte Laguna”.

ll lavoro nasce da un processo di immedesimazione nei confronti delle donne che portano sulla pelle i segni indelebili della violenza, in particolare di quell’atto infame che tenta di cancellare con l’acido il volto e quindi l’identità della persona.

“Senza titolo” è una installazione formata da una serie di sei fotografie disposte all’ interno di altrettante scatole di cartone. Sulle scatole è presente un segno di colore rosso ed una citazione tratta dal libro Il razzismo spiegato a mia figlia, di Tahar Ben Jelloum. Il coperchio con la citazione è disposto orizzontale sul piano mentre le scatole con la fotografie si sostengono verticali su bottiglie di vetro, che riempite, simulano la presenza di bottiglie di acido. Questo  lavoro , infatti, parte da un processo di immedesimazione nei confronti di quelle donne che portano sulla pelle i segni indelebili della  violenza, in particolare di quell’atto infame che tenta di cancellare con l’acido il volto e quindi l’identità della persona.Ho fermato questa esperienza attraverso la fotografia.

A proposito di questo lavoro  Marinilde Giannandrea, in occasione della mostra Futuro Prossimo presso i cantieri teatrali Koreja a Lecce, scrive:
Mariangela Marra si muove dentro la drammatica consapevolezza della violenza quotidiana operata sul corpo delle donne. Lavora con linguaggi diversi e con un’attenzione certosina alla pratica operativa ma non inciampa mai in particolari ridondanti. In questo caso ha affrontato un processo di metamorfosi che allude alle deturpazioni causate dall’acido sui volti femminili. Ne ricava particolari che si connettono a frasi ispirate dalla lettura del testo di Tahar Ben Jelloum e trasforma l’installazione di scatole di cartone in sarcofagi della bellezza nei quali il volto racconta senza ipocrisie il proprio dolore.